In questi giorni mi sono interrogato sul valore della forma, rispetto a quello che percepiamo noi come davvero “innovativo”. Quando guardiamo un film di fantascienza, la forma delle astronavi, delle automobili, delle strade e dei paesaggi ci permette di immaginare che quello che non abbiamo ancora visto debba essere inevitabilmente innovativo, nuovo, moderno. Siamo abituati, per essere in grado di essere in grado di giudicare, ad avere immagini e qualcosa da toccare che possa confermarci che siamo di fronte a qualcosa che ci fa fare dei passi in avanti.
L’interrogativo viene dalla mia inevitabile attenzione al Keynote del 12 settembre di presentazione del nuovo iPhone5. Ci sono due fazioni di persone, in questo momento: coloro che sperano solo di poterlo ricevere al più presto (apertura prenotazioni il 21 settembre per noi in Italia, sappiate che negli USA in un’ora si è arrivati al tutto esaurito) e coloro che sono delusi. Molti dicono: ok, è più lungo, più sottile, più leggero e più potente, ma Jony Ive – il geniale designer dei prodotti Apple, nella foto qui a fianco – non è che si è poi dato molto da fare: alla fine, l’iPhone 5 è quasi uguale al modello nato due anni e mezzo fa (iPhone 4 e seguente iPhone 4S). Se avesse avuto le stesse prestazioni (connessione velocissima, processore super veloce, nuovo connettore, schermo da 4 pollici e un OS tutto nuovo) abbinandolo ad un design nuovo, tutti avrebbero urlato alla novità assoluta. Molti invece hanno criticato la mancanza di innovazione, molti guardano a modelli come il Samsung Galaxy IIIs come ad un vero innovatore, e a prima vista può anche essere condivisibile. Io stesso, sono rimasto deluso, e non so se farò la coda notturna il 27 settembre, come ho sempre fatto per essere tra i primi ad avere il nuovo modello. Eppure, le parole di Ive fanno pensare, e questo elemento si riflette anche in altri ambiti. Jony dice che l’iPhone è forse l’oggetto che abbiamo più tra le mani, il più personale, quello con il quale maturiamo un rapporto più intimo; se viene modificato troppo, in realtà ne otteniamo un effetto negativo, diventerebbe un estraneo.
Se facciamo un confronto con le fotocamere reflex, ci accorgiamo che la stessa filosofia è adottata anche dalle principali aziende del settore: Canon, Nikon, Hasselblad (che hanno presentato di recente e per festeggiare l’evento “Photokina” che si aprirà martedi prossimo, nuovi modelli interessanti ed innovativi) mantengono una rigidità nel design che permette di individuare – nella stessa categoria – il modello solo da un occhio davvero molto attento e competente, oppure curiosando la scritta del nome. Diverso, molto diverso per le compatte, che fanno invece della forma un fattore di attrazione, ma gli oggetti personali, quelli amati in particolare, quelli che “usiamo” davvero ogni giorni, tendono a mantenersi simili, quasi uguali, pur evolvendosi, pur aumentando le prestazioni. E’ una psicologia interessante, sulla quale dobbiamo riflettere. Troppo spesso corriamo dietro alle novità, non coltiviamo e miglioriamo quello che facciamo, andiamo oltre perché è più facile, rispetto all’interrogarsi sul come possiamo fare meglio. Abbiamo di fronte clienti che anch’essi sono drogati dalla forma dell’innovazione. Le telefonate partono con l’intercalare: “Cosa c’è di nuovo?” e ce la mettiamo tutta, per proporre qualcosa di realmente nuovo, che possa apparire nuovo.
La fantasia deve volare, ma se vola a caso, senza una logica evolutiva, rischia anche di volare troppo. Siamo da sempre difensori dell’innovazione, ma penso che ci sia bisogno di riflettere, cercare di trovare un cammino che possa accompagnare e accompagnarci. Il senso di questa riflessione non è legata al fare piccoli passi, ma al non accontentarsi della semplice rappresentazione visuale del nuovo. Non diventiamo innovativi se ci vestiamo di rosso, se ci tagliamo i capelli a zero, se prima facevano foto e oggi video, se prima ci occupavamo di prodotti per la carta stampate e o ora li facciamo per l’iPad. Sono in molti a cadere nel tranello, credendo che possa bastare citare nuove strade per dimostrare di essere capaci di cavalcarle. E se siamo in un periodo di crisi, forse è perché ci siamo affidati troppo alla forma e non alla sostanza. Dobbiamo ripartire daccapo: lasciar cadere ogni orpello che sia solo di carattere esterno e lavorare in profondità, maturando e facendo maturare il nostro modo di lavorare, ma anche di essere persone.
Andare avanti, senza per questo necessariamente cercare effetti speciali è quindi una missione importante, difficile, e ci vuole molta fantasia. La fantasia di trovare valore, vera innovazione, veri vantaggi, rivoluzioni… Io in questo momento sto lavorando per riuscire a rendere il più minimalista possibile la mia tecnologia: sto scrivendo su un iPad (dallo schermo Retina Display, che richiederebbe un computer che non mi posso permettere e che forse nemmeno mi serve), usando una tastiera Bluetooth Apple (la migliore tastiera al mondo, uguale a quella che ho sul mio portatile, se non per il fatto che non è retroilluminata), usando un software di scrittura fantastico che si chiama ByWord che costa ben 2,39 € e che scrive in modalità di solo testo ma consente di usare la sintassi Markdown che permette senza staccare le mani dalla tastiera di fare formattazione (grassetto, corsivo e persino parole linkate) e di creare automaticamente un puro e comodo Html che si può inserire in una pagina web (per esempio, su WordPress, come farò tra qualche minuto, mantenendo tutte queste formattazioni). E per tenere tastiera e iPad in posizione perfetta, ho trovato il meraviglioso Origami della Incase (foto qui a lato) che quando sono in giro posso piegare e trasformare in una custodia per la tastiera, che non occupa spazio. Cosa cambia, direte voi? Molto, cambia molto, mi fa sentire più leggero (in tutti i sensi) e più veloce in tante operazioni. Torniamo alla presentazione dell’iPhone 5: forse l’innovazione è quella di fare più cose con oggetti più piccoli e leggeri, non più grandi e pesanti.
Ci vuole fantasia, che deve volare, e proprio per questo finiamo questo Sunday Jumper presentando una novità mondiale, che – siamo sicuri – sarà un grande successo a partire da martedi, quando verrà presentato per la prima volta a Photokina. Me lo ha presentato l’amico Fabio Prada di Litec che mi ha detto “sono sicuro che potrai valutarne il potenziale”… si, eccome se lo capisco, il potenziale. Si tratta di un sistema che consente di fare riprese aeree usando fotocamere e videocamere semi professionali o assolutamente professionali, per ottenere risultati che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che tante piccole soluzioni (anche per iPhone o per fotocamere tipo la simpatica GoPro) possono garantire. Qui stiamo parlando di un’alternativa concreta ad un volo in elicottero, con tanto di pilota e fotografo a bordo e sistemi costosissimi per stabilizzare le videocamere per evitare le vibrazioni. Si chiama Hi-Drone, qui a lato ne pubblichiamo una foto di presentazione, che fa capire la serietà del prodotto, che può essere ottimizzato e costruito con altissimo livello di personalizzazione (sulla vostra fotocamera/videocamera specifica), scegliendo così il numero di rotori necessari e tutti i dettagli per garantire il risultato perfetto. E’ solo un’anteprima, questa segnalazione, siamo già in contatto con l’azienda per fare qualcosa di davvero speciale per presentarlo, usando ovviamente i nostri media che nascono appositamente per sfruttare proprio queste tecnologie di ripresa e queste idee… Già, perché se usate correttamente, le nuove tecnologie (di ripresa, dei media, del digitale) sono gli elementi che fanno volare davvero la fantasia… non per finta!