Editoriale
L’intelligenza è sexy. Maledettamente, meravigliosamente sexy. Quanto invece è irritante, deludente, spiazzante l’ignoranza o ancor di più la stupidità. Siamo proprio sicuri che però l’opposto di “intelligente” sia effettivamente “ignorante”, o “stupido”? Potremmo rispondere di sì, con sicurezza, ma quello che stiamo vivendo non è un periodo che si basa sulle certezze, specialmente in alcuni campi che sembravano essere, finora, totalmente chiari, nella nostra mente. Specialmente quando si parla di “intelligenza”. Come ci conferma ChatGPT4, opportunamente interrogato, l’intelligenza è (o dovrebbe essere):
[un concetto complesso e multidimensionale che riguarda la capacità di apprendere, ragionare, risolvere problemi, pensare astrattamente, comprendere idee complesse, adattarsi all’ambiente e imparare dall’esperienza.
È importante notare che esistono molte diverse teorie sull’intelligenza. Ad esempio, la teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner suggerisce che esistono diversi tipi di intelligenza, come l’intelligenza linguistica, logico-matematica, spaziale, musicale, cinestetica, interpersonale, intrapersonale e naturalistica. Questa teoria suggerisce che l’intelligenza non è una singola entità, ma piuttosto una serie di abilità diverse e indipendenti che possono variare da individuo a individuo.]
Per usare parole diverse, potremmo dire che l’intelligenza è la capacità di raggiungere degli obiettivi con flessibilità, in vari ambiti, nonché di fare la “cosa giusta al momento giusto” appoggiandosi a concetti di apprendimento, di ragionamento, di adattabilità, di comprensione e persino della capacità di generare un pensiero astratto. Lo abbiamo detto, l’intelligenza è sexy, eccitante.
Di colpo, però, un meteorite chiamato AI è caduto di recente sul pianeta Terra, creando un fragoroso tumulto, ma anche abbattendo una serie di sicurezze, nell’umanità: come facciamo a misurare, ormai, l’intelligenza umana che potremmo definire autoctona in presenza di un’intelligenza aliena, un’intelligenza che è diversa, che cresce ad una velocità impressionante e che di sicuro non potrà essere bloccata da nessuna lettera aperta (come quella inviata da un gruppo di iper miliardari che più che cercare e imporre aspetti etici sembrano essere più interessati a circoscrivere e rallentare un problema potenzialmente pericoloso per i loro patrimoni e il loro business, e come dei pugili che hanno ricevuto un pugno inaspettato in piena faccia che li ha tramortiti, cercano di recuperare e guadagnare tempo per riprendersi e preparare il contrattacco)?
La risposta, quella vera, dovrebbe passare dalla coscienza, dal capire – non a parole, non a slogan, ma realmente – cosa effettivamente riesce a definirci e a distinguerci come esseri “umani” rispetto alle “macchine”; cosa significa davvero “intelligenza”, e su quali parametri dobbiamo e dovremo confrontarci. In merito, abbiamo letto una frase interessante:
La coscienza ha più a che fare con l’essere vivi che con l’essere intelligenti.
Se per “Intelligenza” consideriamo solo il valore di analizzare, di disporre di informazioni sempre più allargate e precise, la velocità di reazione ad una sollecitazione cognitiva, allora possiamo alzare una bandiera bianca: abbiamo già perso, quasi tutti noi; forse solo quelli dal quoziente intellettivo superiore, quelli che hanno un QI stellare ancora possono o potrebbero competere oggi, oppure il prossimo mese o il prossimo anno, ma sarà sempre più difficile persino per loro, perché l’evoluzione della “macchina umana” è molto più lenta nell’upgrade, rispetto alle macchine.
Qualche giorno fa, David Holz, il fondatore di Midjourney, ha segnalato che la loro roadmap è impostata su un upgrade consistente (quindi da una generazione all’altra) all’incirca ogni due mesi, quindi visto che v5 è uscito a fine aprile, potevamo aspettarci V6 per fine giugno; poi in realtà è stata posticipata questa uscita per attendere alcune evoluzioni della V5.3, causata da problemi di allineamento della piattaforma Discord, ma comunque abbiamo vissuto nel frattempo l’evoluzione della versione 5.1 (di allineamento/ottimizzazione), ma ancor di più della 5.2 che ha portato, rispetto alla 5.0 lo zoom-out di cui parliamo in questo numero e altre migliorie importanti, e poi al nuovo settaggio RAW e infine, pochi giorni fa, l’uscita dell’inpainting che abbiamo inserito come ultimissimo articolo di questo numero. Evoluzioni comunque importanti che sono arrivate solo poco dopo il lancio della V5 che comunque a sua volta aveva fatto fare un salto in avanti incredibile rispetto alla precedente V4.
ChatGPT, dal suo canto, ci aveva messo solo 5 giorni a raggiungere il primo milione di utenti, due mesi a raggiungere il traguardo di 100 milioni di utenti (Spotify ci aveva messo 55 mesi, il web 7 anni, il cellulare 16 anni, il telefono 75 anni… eppure potremmo vivere senza queste innovazioni). Ah, nel frattempo, da Novembre 2022 quando è stato lanciato pubblicamente, il sito di ChatGPT è stato visitato 1,8 miliardi d volte, se volete qui ci sono un po’ di statistiche interessanti. Tutto ciò fa capire qual è la velocità con la quale dobbiamo confrontarci.
No, gli “umani” non possono e non devono competere su questo percorso evolutivo, ma per un motivo ancora più importante rispetto al fatto che sia, concretamente, una competizione impossibile da gestire, ma perché non sono queste le battaglie importanti, anzi: l’intelligenza artificiale – pur non essendo certamente perfetta – ci apre all’opportunità di essere finalmente liberi da tanti orpelli e rallentamenti, di molte “cose da fare” che dovevamo fare semplicemente perché pensavamo (ed altri pensavano) che fosse il nostro lavoro, tecnico, operativo o anche creativo.
Ora, e sempre più, possiamo avere assistenti virtuali che ci vengono incontro, e che producono e sviluppano attività sempre più complesse, e ci rimane da fare quasi una “sola cosa”: quella di essere semplicemente umani, quello che ci porta a cercare il valore e l’impegno del non dare nulla per scontato, del non prendere tutto quello che ci viene detto e proposto come “la verità”, perché le macchine non sanno cosa sia la verità, conoscono solo quello che la statistica dice essere più credibile, e lo espongono con una sicurezza assoluta e, come tale, non umana. Dobbiamo, come esseri umani, tornare a dedicare attenzione all’etica e addirittura alle sensazioni, alle emozioni vere e persino agli approcci più spirituali, anche per capire ogni volta e in ogni situazione, cosa davvero è giusto per noi. Dobbiamo, al contrario delle macchine, che raggiungeranno sempre di più il migliore obiettivo nel minor tempo possibile accedendo a miliardi di dati e all’intera conoscenza, cercare una strada diversa, e fare di questa diversità un valore fondamentale ed assoluto che ci aiuterà ad essere anche persone umane migliori, in grado di comprendere e tutelare qualsiasi forma di diversità valutandola non (solo) nell’ottica del rispetto per gli altri e per l’altro, ma come preziosità.
L’intelligenza artificiale ci porterà al porci più domande, ma non per questo ci renderà più fragili, semmai più coscienti: le nostre scelte saranno e dovranno essere dettate da valori più profondi. E questo sarà sempre più importante perché – se avete avuto modo di provare per esempio Bing, il motore di ricerca di Microsoft, finora anni luce indietro rispetto a Google, si può ora sostituire alla classica ricerca che ci propone (proponeva?) un risultato composto da links, e fonti, che potevamo visitare e valutare quanto potevamo considerarle utili, affidabili, credibili, un testo di sintesi, una risposta strutturata e in tutto e per tutto credibile, al punto da portarci a interpretare questa sintesi come un oracolo, per una verità assoluta, come la Treccani, o come la Bibbia.
Quello che serve è capire che invece quel contenuto potrebbe essere totalmente sbagliato: credibile nella forma, ma totalmente sbagliato nella realtà. Solo l’umano (se attento e sensibile) può accorgersi di questo errore, e potrà porre rimedio, oppure potrebbe contestare quanto dichiarato dalla macchina, aggiungendo nei parametri la sua sensibilità, cultura, connessioni e integrazioni che permetteranno di unire il meglio di entrambi i mondi.
L’AI potremmo confrontarla con la calcolatrice dell’epoca, quando è nata ha rivoluzionato il mondo consentendo calcoli precisi e veloci alla portata di mano e di dita di tutti, anche se non ha tolto lavoro ai commercialisti, ai contabili, ancor meno ai matematici, anzi… e non ha nemmeno reso tutti pigri, a parte quelli che lo erano già. hi userà l’AI (bene) potrà farlo e anche velocemente.
Aiway, questa nostra rivista, non pretende di dare tutte le risposte a questa evoluzione, ma fare luce, esplorare, interrogarsi, proporre visioni e concrete applicazioni, spiegare processi e avvicinare i lettori ad un approccio nuovo alla cultura, ai metodi e agli approcci in particolare per i creativi. Ci concentreremo quasi esclusivamente sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale nel campo dell’immagine, che è il nostro territorio di nascita e il nostro DNA, e – lo ammettiamo – lo faremo con una visione di parte, perché crediamo in alcune specifiche evoluzioni più che in altre, ci piace stare distanti dagli strapoteri delle piattaforme che macinano miliardi (i soldi non sono mai stati rivoluzionari, al contrario: semmai le hanno bloccate, le rivoluzioni), e vogliamo stare più dalla parte della genialità di chi (in)segue una strada diversa, di chi lotta per la propria indipendenza, di chi non si vende ai poteri forti. Perché questo è anche quello che siamo noi, da sempre: indipendenti, piccoli, alternativi, desiderosi di portare alla luce le nostre idee, le nostre battaglie, le nostre passioni, la nostra integrità, il nostro senso etico. E abbiamo trovato coerenza e anche qualità in alcune strade che non sono necessariamente “la strada di tutti”, ma che speriamo possa farci ritrovare accanto gli amici di sempre, e incontrare anche molti amici nuovi che vorranno seguirci, e no: non basta dichiararsi “Open Source” per essere puri, tutt’altro… (domandatevi sempre da dove arrivano i soldi, prima di prendere una strada che sembra “buona”).
La nostra strada (WAY) per l’(AI) è e vuole essere lunga, perché non servono i trucchi e le soluzioni a breve termine, il pronto all’uso, ma serve creare un futuro solido, a partire dalle fondamenta, per farlo serve tempo, e serve un continuo aggiornamento, un continuo studio. Di AI oggi parlano tutti, ma non siamo qui a parlarne, siamo qui a percorrere questa rivoluzione da dentro, per costruire metodi, per viverla e respirarla, forse anche – nel nostro piccolo – per poterla modellare e migliorare, almeno nella mente e nel cuore delle persone che, come noi, pensano che questa sia una evoluzione che ci renderà persone – uomini e donne, giovani e vecchi – migliori. Tassello dopo tassello, mese dopo mese, vogliamo rappresentare l’avamposto di una nuova frontiera, di un nuovo approccio al lavoro creativo, di un nuovo modo di scoprire nuovi orizzonti. La strada inizia oggi, ma il viaggio potrebbe (speriamo) non avere fine.
Abbiamo bisogno di voi, avete bisogno (lo speriamo davvero) di noi: salite a bordo, teniamoci compagnia, viaggiamo insieme, la prima tappa speriamo possa entusiasmarvi, ma ogni tappa successiva sarà migliore (già, le riviste vivono di vita propria, e si evolvono e migliorano, numero dopo numero).
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