Editoriale
Ottimismo
Benvenuti al terzo numero di Aiway, questo è il nostro editoriale che come sempre si propone di offrire una visione dell’intero numero, dalla copertina al fil rouge che collega, anche in modo trasparente tutti gli articoli (anche quando non sembra, non serve che le cose siano visibili, ci sono anche quando sono trasparenti). Dopo il tema della Creatività post-umana del primo numero e della Simbiosi che abbiamo presentato nel numero due, ora è arrivato il momento dell’Ottimismo, quello che è appunto il tema del numero 3.
È passato un anno abbondante dal lancio pubblico di ChatGPT, quello che è stato il vero grande scossone mondiale sul tema dell’intelligenza generativa e la discussione si è fatta sempre più forte, evidente, provocando una crescita di un sentimento negativo in molte persone, che sembra salire dalle fondamenta della nostra società, contrastando gli entusiasmi di chi, invece, applaude all’innovazione.
Qualche settimana fa riflettevamo sul ruolo e sulla posizione che dobbiamo avere noi, come rivista nata per mostrare le potenzialità della generazione dell’immagine AI, come agenzia di comunicazione sempre più specializzata in questo campo, come formatori che da oltre un anno cerchiamo di integrare nei nostri corsi quantomeno la consapevolezza delle potenzialità di questo “nuovo che è ormai tra noi”. E poi ci siamo imbattuti in un lunghissimo documento scritto da un personaggio davvero importante nel mondo dell’innovazione e del business, Marc Andreessen, uno dei nomi più importanti nella nascita del web (ha creato prima Mosaic e poi Netscape, di fatto ha aperto le porte all’Internet che abbiamo imparato a conoscere in questi trent’anni) e che poi è diventato uno dei maggiori investitori in tecnologia, con la sua società fondata insieme a Ben Horowitz, la Andreessen Horowitz. Di Andreessen stimiamo la visione, il ruolo e la capacità di capire il business digitale; al tempo stesso non è certo l’approccio al business come lo intendono lui e la Andreessen Horowitz quello che condividiamo e nel quale ci rispecchiamo. Noi siamo di quella categoria romantica, che crede al costruire delle aziende e delle realtà per fare del bene, per provare a sentirci bene, per lasciare qualcosa di buono oltre al nostro percorso.
Quando però ci siamo imbattuti in questo documento/manifesto dal titolo The Techno-Optimist Manifesto, ci siamo sentiti stranamente vicini a questo mondo per noi così distante per filosofia e approccio. Sì, perché Marc ha scritto cose che avremmo potuto scrivere noi, che in parte abbiamo scritto, detto, spiegato, dichiarato noi, quasi con le stesse parole. E sebbene i motivi che ci portano e ci hanno portato a dire le stesse cose hanno sfumature (crateri, più che sfumature) diversi, per una volta ci siamo sentiti vicini e abbiamo pensato che forse le innovazioni più grandi possono avvicinare più del previsto. Il tema trattato e condiviso è quello appunto dell’ottimismo, e vorremmo lasciare alle parole di Marc Andreessen questo concetto di partenza dove si parla di bugie e di verità, per poi riflettere e commentare insieme, in seguito. (Vai Marc… ecco il palco tutto per te!)
DA The Techno-Optimist Manifesto
Bugie
Ci stanno mentendo.
Ci viene detto che la tecnologia ci toglie il lavoro, riduce i nostri salari, aumenta la disuguaglianza, minaccia la nostra salute, rovina l’ambiente, degrada la nostra società, corrompe i nostri figli, compromette la nostra umanità, minaccia il nostro futuro ed è sempre sul punto di rovinare tutto.
Ci viene detto di essere arrabbiati, amareggiati e pieni di risentimento verso la tecnologia.
Ci viene detto di essere pessimisti.
Il mito di Prometeo – in varie forme aggiornate come Frankenstein, Oppenheimer e Terminator – perseguita i nostri incubi.
Ci viene detto di denunciare il nostro diritto di nascita – la nostra intelligenza, il nostro controllo sulla natura, la nostra capacità di costruire un mondo migliore.
Ci viene detto di essere negativi riguardo al futuro.
Verità
La nostra civiltà è stata costruita sulla tecnologia.
La nostra civiltà si basa sulla tecnologia.
La tecnologia è la gloria dell’ambizione e del conseguimento umano, la punta di lancia del progresso e la realizzazione del nostro potenziale.
Per centinaia di anni, abbiamo giustamente glorificato questo – fino a tempi recenti.
Sono qui per portare la buona notizia.
Possiamo avanzare verso un modo di vivere e di essere molto superiore.
Abbiamo gli strumenti, i sistemi, le idee.
Abbiamo la volontà.
È tempo, ancora una volta, di innalzare la bandiera della tecnologia.
È tempo di essere Tecno-Ottimisti.
Si, si dicono e ci dicono tante bugie, e la maggior parte di chi le dice non lo fa necessariamente per essere “cattivo”, lo dice per paura, oppure per rabbia, oppure per mancanza di conoscenza. Guardiamo alla nostra evoluzione, di esseri umani, e ancora una volta facciamo riferimento al manifesto di Mark Andreessen, andando a recuperare un altro breve pezzo (abbiamo deciso di “proporre” alcuni pezzi, sarebbe troppo lungo inserire tutto, e poi se volete lo potete trovare integralmente come già detto qui):
Crediamo che questa sia la storia dello sviluppo materiale della nostra civiltà; è per questo che non viviamo ancora in capanne di fango, guadagnandoci a stento la sopravvivenza e aspettando che la natura ci uccida.
Crediamo che per questo i nostri discendenti vivranno tra le stelle.
Crediamo che non esista problema materiale – sia creato dalla natura che dalla tecnologia – che non possa essere risolto con più tecnologia.
Abbiamo avuto un problema di fame, così abbiamo inventato la Rivoluzione Verde.
Abbiamo avuto un problema di buio, così abbiamo inventato l’illuminazione elettrica.
Abbiamo avuto un problema di freddo, così abbiamo inventato il riscaldamento interno.
Abbiamo avuto un problema di caldo, così abbiamo inventato l’aria condizionata.
Abbiamo avuto un problema di isolamento, così abbiamo inventato Internet.
Abbiamo avuto un problema di pandemie, così abbiamo inventato i vaccini.
Abbiamo un problema di povertà, quindi inventiamo tecnologie per creare abbondanza.
Dateci un vero problema del mondo e possiamo inventare una tecnologia che lo risolverà.
Che oggi si sta disegnando, alle nostre spalle e davanti ai nostri occhi, un futuro delle “macchine” che sempre più assomigliano a noi, che sempre più interagiranno con noi umani non più a comando, ma accompagnandoci tutto il giorno, in ogni minuto, si fonderanno con la nostra vita, un affiancamento al quale abbiamo dedicato la nostra cover story e tutto questo numero di Aiway2, un approccio che ha, nella nostra testa, un termine chiaro: SIMBIOSI, che dal greco συμβίωσις “vivere insieme“, ma che finora ha avuto una valenza puramente biologica, perché non era possibile, per l’immaginario umano (ancor meno per i greci antici), pensare che ci potesse essere “vita” se non in termini biologici, semmai era accettato che potessero esserci vite in comune tra esseri umani ed animali.
Spesso pensiamo (ed è difficile pensare che questo possa essere un errore di valutazione) che l’innovazione e in particolare l’AI è in mano a pochissime immense aziende, che controllano il mondo con un potere che nemmeno è paragonabile agli imperi più imponenti della storia. Eppure – e proseguiamo nel percorso del riportare contenuti del Manifesto di Andreessen – ci sono altri aspetti, per esempio:
L’economista William Nordhaus ha dimostrato che i creatori di tecnologia sono in grado di catturare solo circa il 2% del valore economico creato da quella tecnologia. L’altro 98% scorre verso la società sotto forma di quello che gli economisti chiamano surplus sociale. L’innovazione tecnologica in un sistema di mercato è intrinsecamente filantropica, con un rapporto di 50 a 1. Chi ottiene più valore da una nuova tecnologia, la singola azienda che la realizza o i milioni o miliardi di persone che la usano per migliorare le loro vite?
Prima di pensare a giganti/padroni dell’AI, come OpenAI, Microsoft, Adobe, e ad altre società che oggi sono le protagoniste assolute del mercato dell’AI, pensiamo a quello che ha portato all’umanità la luce elettrica, la telefonia, Internet. Sì, sono innovazioni che hanno generato mostri dal potere immenso, ma chi ne ha goduto di più, in assoluto? Gli esseri umani: se abbiamo una onestà intellettuale, non possiamo non essere d’accordo con questo concetto.
Ma facciamo un passo in avanti, e pensiamo al fatto che l’AI velocizzerà tutti i nostri processi evolutivi, tra questi quelli della salute, pensate agli anni che sono stati impiegati dai un numero immenso di ricercatori umani per trovare una cura al cancro… ma ancora non abbiamo una soluzione. L’AI potrà riuscire in questa sfida? Non lo sappiamo, ma sembra proprio di sì, se ne sta parlando con insistenza. E allora aggiungiamo questo commento del Manifesto “ottimista” di Andreessen, forse quello più duro:
Crediamo che l’Intelligenza Artificiale possa salvare vite – se ce lo lasciano fare. La medicina, tra molti altri campi, è nell’età della pietra rispetto a ciò che possiamo ottenere con un’intelligenza umana e macchina unite lavorando a nuove cure. Ci sono molte cause comuni di morte che possono essere risolte con l’AI, dagli incidenti d’auto alle pandemie al fuoco amico in tempo di guerra.
Crediamo che qualsiasi rallentamento dell’AI costerà vite. Morti evitabili grazie all’AI – alla quale è stato impedito di esistere – sono una forma di omicidio.
Siamo romantici, come detto; lo sappiamo e lo ammettiamo, ma non per questo siamo ingenui. Sappiamo perché Andreessen ha fatto questo documento: da imprenditore con la società Andreessen-Horowitz gestisce asset per un valore di oltre 35 miliardi di dollari, possiede quote di OpenAI e ha investito 400 milioni di dollari in Mistral, una startup francese di intelligenza artificiale generativa. Ovvio che è, deve essere e sarà sempre dalla parte di questo mondo, e deve mostrarlo nel modo migliore.
Al tempo stesso, sta succedendo qualcosa di importante, che ci fa aggiungere ottimismo: l’AI è un ambito così ricco, così promettente, così devastante come sua evoluzione, che anche i soldi sono davvero l’ultimo dei problemi. Questo significa che sarà possibile ipotizzare e sperare che la qualità dei soldi che si renderanno disponibili per supportare questa rivoluzione potranno essere scelti con cura. È successo qualche giorno fa, quando Anthropic una delle protagoniste primarie del settore AI con il suo sistema Claude, appena giunto alla versione 3, nella selezione della nuova lista di investitori, ha deciso di escludere i fondi (immensi) dell’Arabia Saudita. Se ci sarà abbondanza di finanziamenti, come sembra, si può anche trovare spazio per l’etica. E quando l’abbondanza di prodotto e di valore può raggiungere tutti, si può immaginare un futuro dove l’accesso ai beni non sia limitato a pochi. Sempre dal manifesto di Andreessen leggiamo:
Crediamo che Andy Warhol avesse ragione quando disse: “Quello che è grande di questo Paese è che l’America ha iniziato la tradizione per cui i consumatori più ricchi comprano essenzialmente le stesse cose dei più poveri. Puoi guardare la televisione e bere Coca-Cola, e puoi sapere che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e pensare che puoi bere Coca-Cola anche tu. Una Coca-Cola è una Coca-Cola e nessuna quantità di denaro può darti una Coca-Cola migliore di quella che sta bevendo il senzatetto all’angolo. Tutte le Coca-Cola sono uguali e tutte le Coca-Cola sono buone”. Lo stesso vale per il browser, lo smartphone, il chatbot.
Ci sono nemici, che proveranno a bloccare l’evoluzione positiva dell’innovazione, anche di questo Andreessen parla, e per assurdo (non tanto assurdo) nel citare questi nemici descrive personaggi che se da un lato potrebbero essere i suoi concorrenti in questa corsa al futuro, in parte descrive anche se stesso e la sua stessa azienda, che dall’AI vuole spremere quanto più gli sarà possibile. Ma lo sappiamo, lo capiamo, e possiamo quindi trarre le nostre conclusioni, possiamo prendere il lato positivo, quello dell’ottimismo, e guardare anche con criticità agli interessi di parte.
Speriamo che tutti voi, insieme a noi, vorrete vedere l’ottimismo, vorrete contribuire al costruire un futuro migliore, innanzitutto credendo al fatto che stiamo andando verso una nuova strada che pur complessa, pur richiedendo etica e regole, ci potrà dare speranza e positività. Anche perché non ci sono vie di fuga, non ci sono mai state.
Concludiamo, ancora e per l’ultima volta, con un commento catturato dal Manifesto di Andreessen:
Crediamo nella realizzazione del nostro potenziale, nel diventare pienamente umani – per noi stessi, le nostre comunità e la nostra società.
Nota importante a margine, riguardo l’ottimismo (cara amica/caro amico mio…)
A margine di questo editoriale, di tutti gli articoli che hanno a che fare con il tema del numero che come detto è improntato sull’ottimismo, arrivati alla fine di questo numero (questo è un fondo che stiamo scrivendo, in questo momento, proprio alla fine della scrittura di questo intero numero), sentiamo l’esigenza di riportare un equilibrio corretto al discorso generale.
Crediamo nell’ottimismo, crediamo nella forza dell’energia che ci invita verso il futuro, siamo degli inguaribili romantici che – malgrado le cadute, malgrado le difficoltà generali – credono che domani sarà meglio di ieri e che per migliorare dobbiamo andare in avanti. E crediamo anche al fatto che non tutto va in una sola direzione, che non tutto è giusto, che non tutto è corretto quello che guarda in avanti.
Per descrivere tutto questo, ci è venuto in mente un brano, storico, di un grande autore italiano, purtroppo scomparso. Parliamo di Lucio Dalla, e della sua storica lettera, scritta nel lontanissimo 1978 e dedicata all’amico Giuseppe Rossetti, imprigionato per motivi politici. Una lettera/canzone struggente, dove la malinconia e il pensiero a quelli che erano gli “anni di piombo” (chi non li ha vissuti forse non ne può percepire la pesantezza) lascia spazio alla speranza. Ci sembrava quindi un buon modo per dire che sì, lo sappiamo: la situazione che abbiamo descritto con positività ed ottimismo (sincero e non di parte), non è tutto oro, creerà anche fratture, difficoltà, tensioni sociali. Ma se anche il grande Lucio Dalla dalla situazione trovava speranza, non vediamo come non possiamo farlo anche noi, tutti insieme. Se, leggendo questo numero, vi verranno quindi dei dubbi su questo ottimismo (che, lo ribadiamo, non è stupidità, non è ingenuità: è un approccio nei confronti della vita e una visione che crediamo possa e debba essere condivisa), tornate qui, e leggete le parole della canzone (in particolare quelle finali) e, perché no, ascoltatela: su Spotify, su Apple Music, recuperando il CD o acquistando il vinile. Buon ascolto, buon ottimismo.
L’Anno che Verrà
(Di Lucio Dalla)
Caro amico, ti scrivo, così mi distraggo un po’ E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò Da quando sei partito c’è una grossa novità L’anno vecchio è finito, ormai Ma qualcosa ancora qui non va
Si esce poco la sera, compreso quando è festa E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra E si sta senza parlare per intere settimane E a quelli che hanno niente da dire Del tempo ne rimane
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno Porterà una trasformazione E tutti quanti stiamo già aspettando
Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno Ogni Cristo scenderá dalla croce Anche gli uccelli faranno ritorno
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno Anche i muti potranno parlare Mentre i sordi già lo fanno
E si farà l’amore, ognuno come gli va Anche i preti potranno sposarsi Ma soltanto a una certa età
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà Saranno forse i troppo furbi E i cretini di ogni età
Vedi, caro amico, cosa ti scrivo e ti dico E come sono contento Di essere qui in questo momento Vedi, vedi, vedi, vedi Vedi caro amico cosa si deve inventare Per poter riderci sopra Per continuare a sperare
E se quest’anno poi passasse in un istante Vedi amico mio Come diventa importante Che in questo istante ci sia anch’io L’anno che sta arrivando tra un anno passerà Io mi sto preparando, è questa la novità
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