Immagine AI: clienti e modifiche, troviamo la quadra

Sono passati due anni dall’introduzione concreta dell’immagine AI per la generazione di contenuti visuali di qualità, quindi applicabile in campi professionali, ed è il momento di definire alcuni punti procedurali che, altrimenti, rischiano di far crollare un mercato o di trasformarlo in quello che non è e non può essere.

In questi due anni abbiamo lavorato non solo per crescere e far crescere il settore, con le nostre attività formative (sia in ambito di consulenza ad aziende, agenzie e professionisti, sia in ambito accademico) attraverso la condivisione della conoscenza tecnica, quella espressiva e creativa, ma abbiamo anche prodotto immagini e sviluppato progetti per molti clienti, alcuni molto grandi, e possiamo dire che troppo spesso si crea una aspettativa sbagliata rispetto a quello che può offrire (e che ha senso che offra) la produzione di contenuti generati con il supporto di tecnologie generative con l’AI. Parliamo in particolare di immagini fisse – paragonabili alla fotografia o all’illustrazione – ma anche di immagini in movimento, come animazioni e video, suoni, musica ed altro.

Per cercare di dare un contributo allo sviluppo di questo mercato, sia dal punto di vista creativo che di sostenibilità, possiamo dire che i vantaggi delle tecnologie dell’AI sono in parte quelle percepite da tutti ed altre che invece non sono comprese. Molte volte, poi, si fa finta di non capire la complessità che c’è dietro un progetto che fa uso dell’AI… e questo anche (a volte soprattutto) per colpa dei creatori di contenuti che si propongono come dei prestigiatori che possono, in un istante, fare qualsiasi magia senza sforzo, confondendo lo spettacolo ad effetto con la concretezza della produzione.

Sfatiamo questo mito: ottenere immagini interessanti con l’AI è possibile e semplice, controllare e seguire le indicazioni precise al millimetro di una direzione creativa o marketing può risultare molto difficile, e spesso per ottenere i risultati migliori serve non solo un lavoro ibrido (AI più post produzione tradizionale), ma specialmente una competenza profonda nell’ambito del campo di azione (non ci si può improvvisare e quindi se si sta vendendo un prodotto di alta qualità importano l’esperienza e la competenza, non il tool che si usa). Lo si sta vedendo con il video, per esempio: in giro ci sono decine e decine di spot fake per grandi aziende e brand (quasi sempre non autorizzati dagli stessi, a volte provocando reazioni che hanno imposto la cancellazione di questi contenuti pubblicati sui social), che possono anche essere di forte impatto, anche se spesso più grotteschi che affascinanti, ma tutto questo è facile se non ci sono limiti, se il creativo ha un totale controllo decisionale, cosa che nella verità NON è MAI così, anzi: ogni dettaglio, ogni scena, ogni inquadratura, ogni minima sbavatura viene analizzata con il microscopio e modificata mille volte prima dell’ok finale del cliente.

Concretamente, a oggi produrre un video per una pubblicità vera, usando i processi decisionali tradizionali, è di fatto impossibile e se anche ci sono stati esempi, questi sono stati il frutto di un approccio che ha messo in primo piano la volontà di "essere i primi ad usare l'AI" accettandone quindi alcuni/tanti compromessi.

Nell’immagine fissa, fotografica o illustrata, la situazione va meglio, gli strumenti sono più maturi, i risultati più controllabili, ma in ogni caso va compreso che con L’AI si lavora e si deve lavorare in modo diverso. Per esempio, non bisognerebbe partire da un layout che viene deciso a monte per poi pretendere di ottenere a valle l’esatto risultato immaginato, ma si lavora già sull’esecutivo AI, su decine, centinaia di varianti per arrivare al risultato perfetto, che è il frutto di un’integrazione tra idea, immaginazione, generazione del risultato, ottimizzazioni e confronti tra varie opzioni. Lo stesso processo creativo non parte da fuori, ma da dentro l’ambiente AI: non ci si impone sulla macchina, si collabora con “lei”. Le prime stesure dell’idea, quella che potremmo definire uno schizzo, un draft, un concept, invece che farlo con la matita o con una ricerca su Pinterest, deve avvenire sulla piattaforma di AI, e in funzione dei risultati che si ottengono, l’idea si evolve, prende forma, si concretizza, si sviluppa, diventa prodotto. Se avete mai stampato delle fotografie in bianco e nero, immaginare con l’AI è un po’ come inserire nella bacinella dello sviluppo il foglio bianco e, sotto la luce rossa della camera oscura, vedere apparire dal nulla l’immagine.

Per lavorare con l’AI non basta usare strumenti di AI: serve capire che deve cambiare tutto il processo, il rapporto tra idea, immaginazione ed esigenze della committenza. Lavorare con l’AI è un approccio più vicino all’affidare ad un artista un’opera e lasciargli lo spazio creativo per interpretare quanto richiesto. Richiede uno spostamento dall’approccio che si focalizza sul COME e preoccuparsi del COSA comunicare e raccontare. È e deve essere un viaggio, dove quello che conta è la destinazione, non le tappe: il messaggio arriva? Non arriva? Questo a prescindere dal fatto che la forma forse sarà non identica a quella che è stata ipotizzata inizialmente, specialmente se il risultato è addirittura superiore a quello di partenza. Perché, come detto, il lavoro creativo e produttivo con l’AI nasce liquido: si sa da dove si parte, ma non dove si propagherà e dove darà i migliori frutti, sebbene siano necessari nella produzione professionale una serie di inevitabili paletti, dighe, verifiche degli obiettivi. Non stiamo dicendo che tutto deve essere fatto a caso, lasciato all’estro dell’artista; diciamo che usare l’AI per ingabbiarla significa accettare che invece di sprigionare una potenza senza limiti, si vuole contenerla in uno spazio minuscolo. La classica metafora della Ferrari da corsa usata per andare a comprare il latte in centro a Milano… che senso ha?

Un ambito in cui l’AI può essere usata con successo è per pre-visualizzare tutti i risultati possibili, per creare storyboard molto complessi, per sviluppare moodboard per poi creare dei profili che permettono di generare immagini dedicate nello specifico (anche in esclusiva) per un cliente, sperimentare stili miscelandoli tra di loro (gli stili estetici su Midjourney sono oltre 4 miliardi, miscelandoli insieme si ottengono infinite variabili e serve tanto tempo e creatività per creare “formule visive” davvero uniche). Questi sono valori che sembrano oggi non trovare un concreto riscontro nelle proposte commerciali dei professionisti della fotografia e dell’immagine, e che invece potrebbero elevare (di fatto la elevano) la proposta nei confronti dei brand più attenti e sensibili e in grado di investire cifre rilevanti in questo tipo di “dettagli”.

Cosa non è l’AI per la generazione di immagini?

Lo diciamo sempre: se c’è una cosa che l’AI non è, è l’alternativa semplice ed economica a Photoshop. Anche se ci sono tante linee di pensiero che cercano di proporre l’AI per fare meno fatica e produrre immagini con la stessa logica del fotoritocco di basso costo, questa è la scelta più fallimentare. Anche i sistemi complessi, quelli privi di una piacevole user interface, quelli che promettono un elevato controllo e quindi una usabilità in ambiti di produzione massificata, non dispongono comunque di sufficiente controllo per essere usati concretamente in ambito professionale. Per fare esempi pratici: se volete inserire un prodotto vero in un ambiente creato dall’AI, mettetevi in testa che per ottenere “esattamente quel prodotto” dovete fotografarlo ed inserirlo con Photoshop. Altrimenti, e si vedono mille esempi ogni giorno, si può ottenere un risultato quasi buono ma non perfetto, e per farlo serve comunque fotografare da tante angolazioni l’oggetto stesso. Diffidate dai guru della fuffa che promettono la perfezione in un click, la “quasi perfezione” corrisponde al totale fallimento, in ambito professionale. Ma il peggio è chi vuole ottenere esattamente il risultato perfetto che ha in mente e lavora con l’AI, spingendo l’estremizzazione del desiderio di controllo alla follia. Abbiamo visto – letteralmente – richieste di mille cambiamenti su una semplice immagine di una ragazza che si pettina i capelli: prima il colore, poi la lucentezza del capello, poi il ciuffo, poi la riga in mezzo, poi l’espressione del viso, poi il fondo, poi il rossetto, poi il sorriso un po’ meno sorriso, un po’ più sorriso, poi un po’ imbronciata, poi meno imbronciata, poi cambiamo la luce, poi torniamo alla luce di prima. Per ottenere qualcosa di meglio? No, per ottenere nulla, perché alla fine, in un turbinio di infinite scelte, poi si decide di non scegliere, anzi di non fare quell’immagine.

Le regole (non ancora scritte) da scrivere per lavorare con l’AI

Quando si parla di una produzione con AI è fondamentale imporre delle regole, quelle regole che finora non sono state scritte – come detto – quasi più per colpa degli stessi creatori, desiderosi di essere visti come dei prestigiatori capaci di ogni cosa, con lo schioccare delle dita. Queste regole, secondo noi, sono le seguenti:

  • Avere un progetto chiaro in testa prima di partire con la produzione. Sì, sembra banale, ma non è quasi mai così, se non solo a parole.
  • Per fare un progetto ci deve essere un concept, dei test, della sperimentazione per raggiungere un allineamento, e questo deve essere un lavoro da conteggiare o da far accettare come attività che, a prescindere dallo sviluppo finale del progetto (compreso il fatto che possa andare o meno in porto) dovrebbe avere un riconoscimento economico. Qualcuno dirà che è molto difficile farsi pagare la progettazione/sperimentazione se poi il lavoro non si conclude, e lo comprendiamo, ma se volete fare “sperimentazione gratis” come strategia di marketing per portare a casa lavoro vero e pagato, allora fate le vostre considerazioni inizialmente, per evitare di investire troppo tempo senza monetizzarlo. Una buona strada potrebbe essere quella di creare una struttura di base fissa che mette in chiaro gli step, da farsi approvare. Aiuterà sia voi che i vostri clienti a seguire un percorso ideale.
  • Una volta definito il progetto, vanno create alcune immagini di riferimento per capire stile e visione del risultato finale, per definire gli step che dovranno prevedere un determinato e definito numero di test con progressive conferme e validazioni. Decidete quanti sono questi step e il numero di test: la cosa primaria è che queste indicazioni ci siano per evitare correzioni infinite. Devono essere scritti, questi valori, indicando che il superamento dei limiti porterà ad un aumento (da definire in fase di preventivo) dei costi. *Per magia, quando i cambiamenti portano ad un aumento dei costi, di colpo diventano meno fondamentali, anzi… irrilevanti. E tutti sono contenti. 😉
  • Nel preventivo, considerate ed esponete pure i costi che si “risparmiano”, ma fate notare anche che dovrebbero almeno in parte essere comunque caricati sulla produzione AI perché chi la realizza dovrà prendersi la responsabilità di quello che in teoria l’AI sostituisce (in termini per esempio di competenze), ma quali? Per esempio, in uno shooting di moda di solito ci sono stylist, parrucchieri, truccatori. Perché è anche bello immaginare che attorno ad un progetto possano gravitare anche più persone che collaborano, in modo diverso rispetto al passato, ma senza disperdere quelle competenze e quelle relazioni che negli anni hanno permesso di realizzare grandi e meravigliose immagini. Non necessariamente un/a fotografo/a sono esperti anche di questi aspetti, e se lo sono e se lo diventano, dovrebbe diventare un valore da monetizzare, e non da regalare. I preventivi di immagini realizzate con AI saranno più competitivi perché non avranno voci di costo quali location, affitto di props, modelli/e, attori/attrici? Macchine del vento, viaggi e trasferte? Bene! Però una parte di questo valore sarà “presente” nelle immagini che verranno prodotte, quindi sarebbe sensato non sminuire il costo delle immagini “visto che non costa nulla farle”, perché il risparmio su tutte le questioni “fisiche” che non saranno incluse permetterà di investire più tempo in qualità, in variazioni, in risultato e quindi, pur risparmiando globalmente, il cliente dovrebbe pagare questa qualità superiore del prodotto investendo di più per ogni immagine al netto delle voci di costo.
  • Gli investimenti in AI non sono inesistenti, anzi… e cresceranno nei prossimi mesi/anni e bisogna educare i clienti e il mercato a prevedere questo costo. Mediamente le aziende che stanno sviluppando piattaforme di AI stanno investendo miliardi di dollari, di sicuro il loro obiettivo è recuperarli e noi siamo la voce di guadagno. Cominciate a fare bene i vostri conti, perché non si tratta di investire qualche euro al mese, oppure – come molti dichiarano, con stoltezza e incapacità imprenditoriale – usare tutti tool gratuiti, perché i tool migliori costano, le funzionalità rivolte ai professionisti e alle aziende ancora di più (parliamo per esempio di immagini private e non pubbliche, possibilità di produzione di immagini senza limiti/mese, risoluzioni più elevate). In più ci sono software accessori che diventano obbligatori (per esempio per fare upscale di alta qualità, per migliorare la risoluzione e la resa video), e non ultimo un processo di generazione di immagini AI professionale passa da diversi step, che sono diverse piattaforme, che hanno costi che si sommano. Senza considerare (però consideratelo) che per lavorare con immagini AI serviranno spesso computer potenti, sistemi di backup efficaci, eccetera. Non dimenticate poi che si investe anche in formazione: tutti voi che ci leggete state investendo per informarmi e formarvi, per conoscere come si evolve l’universo dell’AI, come sfruttare innovazioni e nuove tecnologie, e ben sapete quanto veloci si deve correre per non perdere il passo.
  • Il costo di un lavoro di solito si calcola su tre tipi di parametri: quello orario, quello del margine (o percentuale/fee) e quello del valore aggiunto. Ci sono mestieri che trovano efficace il pagamento basato sulla metrica del tempo: 100 se lavoro un’ora, 300 se lavoro tre ore. Funziona con gli artigiani e all’interno dei mercati dove c’è maggiore competitività (e quindi maggiore lotta al ribasso). Al tempo stesso è un parametro che dovrebbe comunque far parte del calcolo, all’interno di un preventivo, specialmente quando viaggiamo “basso”, e ricordatevi che comunque le ore al giorno sono limitate, quindi se vi proponete facendovi pagare a ore, non potrete mai superare il costo ora moltiplicato per le ore che potete lavorare in un giorno. Il parametro del “margine/fee” è stato per decenni quello usato dalle agenzie di pubblicità e di comunicazione, di fatto veniva trattenuto il 15% di diritti di agenzia che portava quindi ad un compenso che dipendeva dall’investimento: un buon trucco, perché di fatto era un costo non percepito direttamente dal cliente, ma solo come una percentuale sull’investimento che di solito aveva come voce principale quello della spesa pubblicitaria: se il cliente investiva 10 milioni in una campagna, il 15% (1,5 milioni) andava all’agenzia. Questa soluzione, ancora esistente da qualche parte, non funziona più molto bene, perché le aziende preferiscono pagare una prestazione e non una “tassa” sul lavoro creativo. La terza opzione, che ci sentiamo di consigliare nell’ambito della produzione di immagini generate con l’AI , è di lavorare sul valore aggiunto. Non contano quante ore, non contano quante immagini, ma conta il progetto che – di fatto – è composto anche da questi parametri, così come dal parametro delle ore impegnate, ma non sono parametri che verranno esposti, solo quello del progetto. Per fare un progetto, considerando la progettazione, la sperimentazione, la costruzione del messaggio e delle immagini, la finalizzazione delle opere per la destinazione finale, il costo è “XX”. Secondo noi, è necessario vendere progetti, perché vendere singole immagini è ormai una metodologia che non funziona più in un mondo che consuma miliardi di immagini al secondo. Dobbiamo essere in grado di confezionare un progetto che contiene tante immagini, per tanti utilizzi, per tante destinazioni, con un messaggio che funziona, che attrae, che coinvolge, che raggiunge un obiettivo. Vendete questo, non ore di post produzione, non quantità di immagini, non singoli ingredienti.
  • In un altro articolo di questo numero parliamo di Hipgnosis, lo studio fotografico e creativo che ha realizzato le più incredibili copertine di dischi della storia. Forse vi può essere di stimolo sapere che Hipgnosis non aveva un listino di tariffe per la creazione di una copertina per album, bensì chiedeva agli artisti di “pagare quanto pensavano valesse”, una politica che soltanto occasionalmente si rivelò autolesionistica secondo quanto dice Storm Thorgerson (uno dei fondatori di Hipgnosis) in un suo libro. Possiamo dire che questa soluzione l’abbiamo adottata spesso (senza sapere che fosse una strategia di Hipgnosis) e spesso è stata la scelta migliore dal punto di vista strategico. Provate a domandarvi cosa sarebbero disposti a pagare i vostri clienti… non per “delle immagini” ma per un sogno, per una magia, per qualcosa di davvero eccezionale.
  • Detto questo, se tutto questo vi sembra troppo rigido, sappiate che lo stiamo dicendo per il vostro bene, ma anche per il bene di tutta la categoria. L’AI è meravigliosa, ma come detto non è Photoshop, non è un tasto da premere, non è un animale che si può totalmente controllare (anche se si può addomesticare), non nasce per generare perfezione priva di interpretazione, non è la soluzione che va sempre bene e quindi ha senso posizionarla, da tutti i punti di vista, al pari di una produzione tradizionale, che ha molti vantaggi (alcuni eccezionali), ma anche criticità. E, per finire, non è un prodotto di valore inferiore, semmai il contrario.

Ci auguriamo che questi pensieri vi possano aiutare ad entrare e rafforzarvi in questo settore, dalle grandi promesse, dalle grandi opportunità e dalle tante criticità che proviamo a ridurre/eliminare con il nostro lavoro di informazione, di formazione e di supporto. Buon lavoro!